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19 novembre 2014

LA DIFFERENZA TRA RICCHI E POVERI è la stessa che c'è tra ESPROPRIAZIONE E REQUISIZIONE !!


LA DIFFERENZA TRA RICCHI E POVERI ?

 è la stessa differenza che c'è tra 

ESPROPRIAZIONE E REQUISIZIONE !!


Certamente molti avranno sentito la parola ESPROPRIO,
nei territori interessati al passaggio della linea TAV, ma anche per altre "grandi opere" come EXPO o BREBEMI, oppure "piccole modifiche" agli svincoli e raccordi autostradali.
Una parola diventata di uso comune, che viene odiata da chi viene privato della sua abitazione, e trascurata dagli "indifferenti" !!


L'espropriazione per pubblica utilità è un istituto giuridico italiano in virtù del quale la pubblica amministrazione può, con un provvedimento, acquisire per sé o far acquisire ad un altro soggetto, per esigenze di interesse pubblico, la proprietà o altro diritto reale su di un bene, indipendentemente dalla volontà del suo proprietario, previo pagamento di un indennizzo.

L'espropriazione è espressione del potere ablatorio che, in varia misura, tutti gli ordinamenti riconoscono alla pubblica amministrazione e che consente alla stessa di sacrificare l'interesse privato in vista di un superiore interesse pubblico (che, nel caso dell'espropriazione per pubblica utilità è solitamente - ma non esclusivamente - quello di realizzare un'opera pubblica).

La parola REQUISIZIONE invece,
forse perchè legata al ricordo del periodo bellico fascista,
viene cancellata dalla memoria popolare e governativa !!

La REQUISIZIONE è l'atto giuridico con cui si priva un soggetto dei suoi diritti di possesso di un bene. È cioè un provvedimento con il quale la pubblica amministrazione, nell'esercizio di un potere ablatorio, sottrae al privato, in via temporanea o definitiva, il godimento di un bene, mobile o immobile, a motivo del superiore interesse pubblico, contro un indennizzo.
Si distingue tra requisizione in proprietà e requisizione in uso.
La prima riguarda solo i beni mobili ed ha effetti definitivi; la seconda può interessare anche i beni immobili ed ha effetti limitati al tempo necessario per l'utilizzo del bene. La requisizione in uso interessa l'usufrutto dell'immobile, mentre lascia intatta la nuda proprietà.
Per l’ordinamento italiano, è consentita solo “quando ricorrano gravi e urgenti necessità pubbliche, militari o civili”, contro una “giusta indennità” e sulla base di norme determinate da leggi speciali (articolo 835 del codice civile).

 



La differenza, della REQUISIZIONE dalla ESPROPRIAZIONE per pubblica utilità, è il carattere di urgenza del provvedimento, che attiene soprattutto alla privazione IMMEDIATA del possesso (in quanto è concretamente necessario nell’impellenza), mentre l’esproprio sottrae al cittadino la proprietà del bene, in quanto l’interesse della collettività è quello di poter disporre del bene per un USO FUTURO.
Al provvedimento si affianca spesso (senza esserne però necessariamente collegata) l’apposizione di vincoli ed obblighi temporanei per le aziende commerciali ed agricole.
Come esempio si pensi alla requisizione in uso di un bene immobile, per esempio un capannone industriale, in assenza del proprietario, per far fronte all'esigenza di dare alloggio temporaneo alle vittime di una calamità naturale (o emergenza sanitaria o sociale).

La REQUISIZIONE di immobili a uso abitativo è un potere che la legge italiana conferisce esclusivamente a SINDACI e PREFETTI, non potendo questi delegare altri amministratori locali, e può riguardare immobili sfitti o abbandonati da alcuni anni.
Con la REQUISIZIONE, l'autorità pubblica si impegna a restituire dopo un certo periodo di tempo l'immobile nello stato iniziale, in cui si presentava al momento della requisizione, e a corrispondere un affitto al proprietario per il periodo della requisizione, salvo che la casa sia ABUSIVA o oggetto di requisizione per PROVENIENZA MAFIOSA. Negli ultimi due casi, gli amministratori locali possono anche ESPROPRIARE l'immobile.

Numerose sono le fonti richiamate in diverse ordinanze: tra l’art. 7 della legge 20 marzo 1865, n. 2248; l’art. 36 del R.D. 17 agosto 1907, n. 542; l’art. 153 del TU 4 febbraio 1915; gli art. 19 e 21 L. 6 dicembre 1971 n. 1034; e per il richiamo all’obbligo di soccorso connesso alle funzioni di UFFICIALE SANITARIO attribuite al SINDACO dalla Legge Sanitaria n. 833 del 1978.
La requisizione di case può avvenire per far fronte a un'emergenza dovuta a un terremoto o a una calamità naturale, come prevede espressamente il codice civile.
Non mancano esempi di requisizioni avvenute per far fronte a situazioni di EMERGENZA ABITATIVA, quando l'edilizia popolare non ha abbastanza risorse e alloggi disponibili per soddisfare la domanda di abitazioni dei ceti meno abbienti.

 


Secondo un orientamento giurisprudenziale, la requisizioni di immobili è legittima solamente nei casi di calamità naturale, mentre l'emergenza abitativa non è una situazione che presenta i caratteri di temporalità ed eccezionalità previsti dalla legge. Una requisizione senza un termine prefissato equivale de facto a un esproprio dell'immobile, che priva il proprietario dell'indennizzo economico cui ha diritto.

Secondo un altro orientamento, il provvedimento è legittimo in caso di carenza abitativa, in base all'art. 3 della COSTITUZIONE, al diritto alla casa da questa enunciato, all'obbligo dei sindaci di intervenire nelle situazioni di emergenza. La presenza di alloggi sfitti può derivare da speculazione edilizia, da un cartello fra proprietari che introduce una distorsione del mercato immobiliare. Le case vengono tenute sfitte per non aumentare l'offerta abitativa, che causerebbe un calo dei prezzi d'affitto.




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